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2007-11-07 10:25:06

Condono edilizio - 16565


Robertmax
login
31 Ottobre 2007 ore 11:22 6
Ho presentato domanda di condono edilizio nel Comune di Roma, ai sensi della ultima legge del 2003. Si tratta di un cambio di destinazione d'uso nel comune di Roma. Ho letto recentemente che L'Ufficio Condono del COmune non ha praticamente espletato nessuna pratica, l'ufficio è bloccato e non ha rilasciato le relative concessioni in sanatoria nè dinieghi.
La domanda è questa: in questi casi non scatta il silenzio assenso ai sensi della Legge Regione Lazio a partire dal pagamento dell'Ultima rata (mi pare aprile 2005) per 36 mesi fermo restando la regolarità della domnda e dei pagamenti?
Oppure alla fine uno rimane "appeso" all'infinito.
Ho chiesto al municipio una dia x dei lavori di ristrutturazione e lorio vogliono che faccio un Atto d'obbligo con il notaio con il quale io mi assumo la responsabilità che un domanei se non mi venissa rilasciata la concessione l'Uffico tecnico del municipio non ha responsabilità e i lavori di ristrutturazione diventano illegittimi, mi sembra un po' tutto illegale che ne dite?
Grazie a chi vuole aiutarmi a capirci qualcosa.
  • condominiale
    0
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    Mercoledì 31 Ottobre 2007, alle ore 14:26
    Una recente sentenza della Suprema Corte ha ribadito che non si può invocare il "silenzio assenso" per ogni pratica iniziata, anzi la maggior parte delle volte in caso di silenzio, vige il diniego alla concessione del nulla osta alla pratica: vedi ad esempio il mancato rispetto della tutela ambientale, il mancato rispetto delle distanze da aree private o pubbliche, protezione di aree di interesse storico, ecc.

    Insomma, alla fine della pratica potrebbe essere deciso il rigetto della domanda.

    Purtroppo i tempi "romani" sono emblematici.

    Se ritieni di essere "in regola" il comune dovrebbe accettare un'autocertificazione, altri comuni lo fanno, non capisco perché Roma pretenda la firma del notaio.

  • robertmax
    0
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    Martedì 6 Novembre 2007, alle ore 14:00
    Condominiale ti ringrazio della tua risposta.
    Non ho ben capito il discorso del diniego e della sentenza.
    Voglio precisare che non esistono ostative di tipo ambientale, storico o altro.
    Si tratta di un immobile costruito nel 56 ad uso garage, ma da subito trasformato in abitazione dai vecchi propretari che lo hanno accatastato come tale. Mia nonna l'acquistò nel 1972 con regolare atto notarile nel quale si descrive un immobile di civile abitazione con tanto di planimetria accatastata. Pertanto, quando io l'ho ereditato, non immaginavo, visti i documenti in nostro possesso, la reale destinazione d'uso. Mai nessuno negli anni addietro aveva presentato domanda di condono. Io stesso me ne sono accorto solo per un caso. Appena me ne sono accorto ho cercato di regolarizzarmi approfittando del condono.
    L'appartamento è ubicato in una periferia popolare di Roma è stato da sempre dotato di tutti i servizi. Si tratta di un abuso ormai vecchio di 50 anni cioè da tempo immemorabile. Per quale ragione mi dovrebbero rigettare la mia istanza che sana una situazione ormai consolidata e magari accettare una molto più grave di quelle che tutti sappiamo. POi esiste il principio dell'affidamento che si genera, specialmente dopo la L. sul condono in capo a chi presenta la domanda. Che ne pensi?
    grazie Roberto.

  • anonymous
    0
    Ricerca discussioni per utente
    Martedì 6 Novembre 2007, alle ore 23:41
    Grazie anche da parte mia!

    Sei stato molto preciso

  • condominiale
    0
    Ricerca discussioni per utente
    Mercoledì 7 Novembre 2007, alle ore 06:35
    Metà del patrimonio edilizio italiano si trova in queste condizioni.

    Io lascerei le cose come stanno a meno di necessità impellenti come una nuova vendita.

    Oltretutto le sanatorie "costano".

  • anna23
    0
    Ricerca discussioni per utente
    Mercoledì 7 Novembre 2007, alle ore 10:16
    Salve sono una nuova utente del forum e avrei bisogno di aiuto.
    mi accingo ad acquistare la mia prima casa.
    Gli attuali propietari la hanno ereditata da poco e vivono lontani dalla provincia in cui è situato l'immobile. Nei primi anni 80 è stata fatta una richiesta di sanatoria per l'ampliamento di una stanza , ma loro non sono in possesso di tutti i documenti e non sanno se la pratica sia conclusa o meno, mi hanno inviato copia del primo versamento fatto e il numero della pratica e mi hanno chiesto di verificare dato che essendo piuttosto anziani hanno difficoltà ad occuparsene direttamente.
    Il notaio mi ha detto che dovrei chiedere copia delle attestazioni di versamanto, certificato di insussistenza vincoli e certificato di congruità dei pagamenti effettuati.
    Sulla domanda che ho scaricato da sito del comune di Catania però sembra implicito che a richiedere tali documenti possa essere solo chi ha presentato l'istanza (in questo caso suppongo gli eredi) devo chiedere ai proprietari di incaricare un legale per occuparsi della pratica o posso farlo io? Vi ringrazio anticipatamente

  • condominiale
    0
    Ricerca discussioni per utente
    Mercoledì 7 Novembre 2007, alle ore 10:25
    Avrebbe potuto farlo la segreteria del notaio dopo aver ricevuto la "delega" dai proprietari (naturalmente pagando il dovuto).

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