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2009-12-23 17:03:02

Condominio? - 27549


Maxtro
login
17 Dicembre 2009 ore 17:11 7
Una casa di 4 appartamenti è considerata condominio?
Se nella medesima vi è il riscaldamento centralizzato
posso pensare di staccarmi dal medesimo e rendermi autonomo dopo l'acquisto di uno degli alloggi?

Grazie a chi saprà darmi info in merito
  • lollolalla
    Lollolalla Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 18 Dicembre 2009, alle ore 10:09
    Sì.
    Sì, ma dovrai continuare a pagare le spese di manutenzione della caldaia e ti potrai staccare solo non creando ad altri danni di alcun tipo. (tipo se tieni spento il tuo riscaldamento e gli altri consumano di più). Credo però che dovrai chiedere l'autorizzazione all'assemblea.

  • robire
    Robire Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 18 Dicembre 2009, alle ore 11:33
    Ma oggi non si tende (obbliga?) all'uso del riscaldamneto centralizzato

  • lollolalla
    Lollolalla Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 18 Dicembre 2009, alle ore 12:36
    S', ma 4 appartamenti sono pochi, di solito viene accettato l'autonomo in questi casi. La cosa dipende dal Comune. Tra l'altro sono in pochi i Comuni od eventualmente le Regioni che hanno deliberato sul punto in questione.
    Comunque il distacco si può vedere come installazione di nuovo impianto di riscaldamento, per cui soggetto a ex legge 10, presentazione di DIA e quindi verifica sulla rispondenza al regolamento edilizio comunale.

  • maxtro
    Maxtro Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 18 Dicembre 2009, alle ore 17:02
    Pensavo di staccarmi perche l'impianto è vecchio e ancora a gasolio con costi insensati.
    Credo che con una semplice termostufa a pellet si possa risolvere il problema e risparmiare molto.
    Grazie intanto x le risposte
    Max

  • robire
    Robire Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 18 Dicembre 2009, alle ore 17:43
    E proporre un rifacimento con caldaia a basso consumo e contabilizzatori?
    tra 55% e risparmio sul combustibile il rientro economico è veloce...

  • maxtro
    Maxtro Ricerca discussioni per utente
    Sabato 19 Dicembre 2009, alle ore 18:12
    La vedo una via impraticabile poichè attualmente 3 appartamenti sono di proprieta di una sola persona che li affitta,man mano che si liberano li vuol vendere.
    Non ha intenzione di spendere per poi vendere.
    E i tempi dell'operazione con contratti di affitto in corsi son troppo lunghi x tentare di gestire la situazione.

  • tantidubbi
    Tantidubbi Ricerca discussioni per utente
    Mercoledì 23 Dicembre 2009, alle ore 17:03
    Tecnicamente sei in comunione e non in condominio in quanto si costituisce condominio ( con allegati obblighi di legge) quando i proprietari sono più di 4 (perciò da 5 in poi)

    Per quanto riguarda il resto leggi qua sotto il copia incolla che ho fatto e vedi se è esaustivo.

    Ciao

    IL CONDOMINO CHE SI DISTACCA DALL?IMPIANTO CENTRALIZZATO DI RISCALDAMENTO HA DIRITTO ALL?ESONERO DALLA PARTECIPAZIONE AI COSTI DI GESTIONE E FUNZIONAMENTO DELL?IMPIANTO SOLO NEI LIMITI IN CUI IL SUO DISTACCO PROVOCA UN RISPARMIO AL CONDOMINIO (Cass. 30.3.2006 n. 7518)
    ----------------
    Riscaldamento, la rata va pagata anche senza termosifoni
    Con la sentenza 680/2005la Corte di Cassazione ha fatto il punto su una delicata materia oggetto di tantissime cause civili, e cioè se con il distacco dall'impianto centrale del riscaldamento il condomino abbia automaticamente diritto di non pagare la rata per il riscaldamento, anche nel caso in cui l'appartamento affittato sia ad uso ufficio. Secondo la Suprema Corte la rata deve essere pagata, anche da chi ha in affitto un locale ad uso non abitativo, qualora la consulenza tecnica dimostri che ''nonostante la mancanza dei radiatori, tuttavia l'immobile locato benefici in una certa misura dell'esistenza dell'impianto di riscaldamento esistente nel fabbricato, poiché, essendo tutti i piani riscaldati, riceve calore per la presenza nei muri delle tubazioni del riscaldamento''. Per effetto di questa decisione, il titolare di uno studio di design posto al pianterreno di una palazzina e privo di termosifoni, è stato condannato a pagare le rate del riscaldamento. Invano l'architetto aveva fatto ricorso in Cassazione facendo presente che si era distaccato dall'impianto centrale, ma la Suprema Corte, come già stabilito dalla Corte di Appello di Torino, ha chiarito che in simili casi fa fede il risultato della consulenza tecnica. E questo vale nonostante i contratti di locazione uso ufficio (diversamente da quelli uso abitativo) non prevedano ''alcun corrispettivo'' se non avviene la ''fornitura di un servizio''. Dagli accertamenti tecnici era risultato infatti che lo studio affittato all'architetto, anche se privo di termosifoni, riceveva comunque un po' di calore dai tubi murari. La quantità del calore era pari al 30% di quella che arrivava agli appartamenti collegati ai termosifoni, e la rata da pagare è stata calcolata di conseguenza con riferimento a tale percentuale. Per quanto riguarda invece gli obblighi di chi ha in affitto un appartamento ad uso abitativo, la Cassazione ricorda che è possibile distaccarsi dall'impianto centrale (e non pagare la rata) solo con l'unanimità dei consensi dell'assemblea dei condomini, e solo se dal distacco derivi una ''effettiva riduzione'' delle spese totali di riscaldamento e non alteri il regolare funzionamento dell'impianto.
    ---------------------
    Quando un condomino si distacca dall'impianto centralizzato Tutti i casi in cui può essere obbligato a un «risarcimento» Luigi Salciarini avvocato, Centro studi regionale Anaci

    Con questo primo quesito esordisce la rubrica che "il Centro" dedicherà due volte al mese ai problemi che sorgono o possono sorgere (con annesse controversie) nella vita di un condominio. Le risposte ai casi segnalati dai lettori saranno curate dal Centro studi abruzzese dell'Associazione nazionale amministratori di condominio.

    Il quesito di oggi. Un condomino del nostro palazzo nella ristrutturazione del suo appartamento all'ultimo piano si è staccato dall'impianto di riscaldamento centralizzato senza chiedere alcun permesso all'amministrazione e ai condomini ed ha realizzato un nuovo impianto autonomo. Si chiede:
    a) Poteva farlo senza alcun permesso?
    b) Quali spese è tenuto a sostenere una volta che ha realizzato l'impianto autonomo?
    c) Ci sono sentenze al riguardo che possono essere citate a difesa dei condomini?
    d) Quale documentazione eventualmente è tenuto a produrre?
    Un condomino di Chieti
    La risposta. La questione del distacco unilaterale dall'impianto centralizzato di riscaldamento è piuttosto complessa. Per quanto è possibile in questa sede, occorre innanzitutto dire che il distacco unilaterale non deve essere confuso - come spesso avviene - con la diversa fattispecie della "trasformazione dell'impianto centralizzato" prevista e regolata dalla Legge n. 10 del 1991 la quale, al fine del risparmio energetico, prevede (ed agevola) il passaggio da un sistema centralizzato di riscaldamento a più sistemi autonomi considerati energeticamente più efficienti.
    Nel nostro caso la situazione è diversa. Si tratta, in realtà, di un'operazione effettuata dal singolo condomino che autonomamente si distacca dall'impianto centralizzato il quale continua a funzionare a favore degli altri condomini.
    Della questione si è occupata la giurisprudenza la quale ha sancito i seguenti principi: 1) L'impianto centralizzato di riscaldamento (come ogni impianto comune) è progettato, dimensionato e costruito per servire un numero ben determinato di unità immobiliari, assicurando alle stesse un equilibrio termico di base (Cass. n. 6269/1984).
    2) L'eventuale distacco di un condomino è potenzialmente in grado di provocare un'alterazione dell'impianto con conseguente aggravio di spese di esercizio a carico dei condomini rimasti allacciati.
    3) Nel caso che, a seguito del distacco unilaterale, si verifichi un aggravio del costo di esercizio a carico dei condomini rimasti allacciati, il condomino distaccato è obbligato a sostenere in proprio il peso economico di tale aggravio (sollevando gli altri condomini dalla maggior spesa) (Cass. n. 11152/1997).
    4) Nel caso, invece, che (a causa delle specifiche caratteristiche costruttive dell'impianto) non si determini un tale aggravio di costo, il condomino può legittimamente distaccarsi dall'impianto centralizzato (Cass. n. 4653/1990).
    5) In ogni caso, il condomino distaccatosi rimane sempre obbligato a contribuire alle spese di manutenzione e conservazione in quanto rimane comproprietario dell'impianto centralizzato (Cass. n. 1001/1977).
    Da questi principi generali derivano le risposte alle singole questioni prospettate nel quesito. E cioè:
    a) In linea teorica, per distaccarsi autonomamente non occorre alcun permesso dell'assemblea condominiale.
    b) Il condomino che si distacca è obbligato a sostenere il maggior costo di esercizio dell'impianto centralizzato che il suo distacco ha determinato a carico degli altri condomini. Tale maggior costo va determinato concordemente con gli altri condomini, preferibilmente con il supporto di una perizia tecnica. A tali fini, quindi, il consenso dei condomini è necessario. Oltre tali spese, il condomino che si è distaccato è obbligato a sostenere quelle di manutenzione e conservazione necessarie nel tempo.
    c) Il condomino che si distacca ha l'interesse a produrre qualsiasi documentazione utile a dimostrare: - che a seguito del suo distacco non si è verificato (o non si verificherà) alcun aggravio del costo di esercizio a carico degli altri condomini; oppure: - che il suo distacco determina una particolare entità (per esempio il 10% del totale) di aggravio del costo di esercizio dell'impianto. Qualora, ovviamente, non si raggiunta un accordo su tali elementi non rimarrà che portare la questione all'esame del giudice ordinario.
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    Il pagamento è dovuto da chi sia distaccato ma usufruisca del calore dai tubi murati Riscaldamento da pagare anche senza termosifoni (Cassazione 680/2005) Essersi distaccati dall'impianto centralizzato di riscaldamento di un condominio non esonera automaticamente il condomino dal pagare le rate se usufruisce comunque del calore. È quanto ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, che ha specificato al riguardo che il riscaldamento deve essere pagato anche da chi abbia in affitto un locale ad uso non abitativo, qualora sia dimostrato che, nonostante la mancanza dei radiatori, tuttavia l'immobile "benefici in una certa misura dell'esistenza dell'impianto di riscaldamento esistente nel fabbricato", in quanto, essendo tutti i piani riscaldati, l'appartamento "riceve calore per la presenza nei muri delle tubazioni del riscaldamento". (08 marzo 2005) Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.680/2005 (Presidente: V. Duva; Relatore: A. Segreto) LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
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    Riscaldamento centralizzato: calore tiepido non autorizza a pagare meno
    In materia di riscaldamento centralizzato dell'edificio condominiale il singolo condomino non può sottrarsi al pagamento delle quote relative al riscaldamento allorché il relativo impianto sia in funzione, adducendo come giustificazione la semplice affermazione dell'insufficienza del calore erogato. Ciò non significa che il condomino danneggiato non posa fare valere la lesione del proprio diritto a conseguire una adeguata erogazione di calore derivante proprio dal fatto che al pagamento da parte sua del corrispettivo richiestogli non abbai fatto riscontro l'erogazione della giusta quantità di calore, previo accertamento in via giudiziale della entità di tale mancata erogazione e liquidazione del relativo danno, che non può non comprendere tutte spese affrontate per mantenere nell'unità condominiale quella temperatura che il regolare funzionamento dell'impianto centralizzato avrebbe dovuto garantire, e quindi sia le spese per altro combustibile o energia elettrica, sia quelle per l'acquisto dei macchinari necessari alla erogazione del calore.
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    Salvo deroga contrattuale attraverso una convenzione che obblighi tutti i condomini le spese di sostituzione della caldaia condominiale devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà e non seconso l?uso che ciascun condomino può farne.

    Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1420 del 27 gennaio 2004, precisando che tali spese, attenendo alla conservazione, cioè alla tutela dell?integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell?impianto comune, interessano i condomini quali proprietari dell?impianto, a cui carico la legge pone l?obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obligationes propter rem, che, nascendo dalla contitolarità del diritto reale sull?impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura della appartenenza.

    La Suprema Corte ha inoltre ricordato che, ove nell?edificio condominiale vi siano locali (ad esempio box-cantine) non serviti dall?impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari, soltanto, della proprietà di tali locali, non sono contitolari dell?impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà, cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale all?uso o al servizio di quei beni.
    (Altalex, 5 marzo 2004)

    Cassazione Sezione seconda civile Sentenza 27 gennaio 2004, n. 1420 (Presidente Pontorieri ? relatore Trombetta)

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