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2012-03-02 15:07:06

Accordo impossibile


Ivelise80
login
27 Febbraio 2012 ore 13:13 2
Buongiorno a tutti,
espongo dettagliatamente un problema, cercando di capire attraverso i vostri consigli e la vostra esperienza come potrebbe risolversi questo problema.

Alfa, 72 anni, pensionata ha come unico sostegno una pensione minima, e' proprietaria da circa 40 anni di 1/2 di un appartamento indivisibile, nel quale vive regolarmente.

Beta, figlio di Alfa, 48 anni sposato, impiegato pubblico, proprietario di un appartamento di un appartamento nel quale vive, ed inoltre proprietario del restante 1/2 di cui sopra, avuto in eredita' dal precedente proprietario.

Beta vorrebbe trarre guadagno da questo bene, costringendo Alfa alla vendita, pretendendo di scalare la percentuale di leggittima essendo il figlio.
Alfa invece date le sue condizioni economiche non puo' ne comprare, ne tantomento vendere, in quanto con il ricavato non riuscirebbe a trovare una qualsiasi sistemazione per vivere.
La conclusione dovrebbe essere una vendita forzata davanti ad un giudice, ma viste le situazioni completamente diverse dei due contentendenti, esiste qualche tutela per il soggetto piu' debole? Ed inoltre se Alfa decidesse di non vendere e portare la causa piu' a lungo possibile, quali sono i tempi per la conclusione della faccenda?

Grazie Ive.
  • consulente
    Consulente Ricerca discussioni per utente
    Martedì 28 Febbraio 2012, alle ore 10:36
    Classica situazione in cui l'aspetto economico prevale su tutto.
    Non mi accingo a fare delle ipotesi ma invito chiunque a dare dei suggerimenti.

  • nabor
    Nabor Ricerca discussioni per utente
    Venerdì 2 Marzo 2012, alle ore 15:07
    Buongiorno a Lei. A parte i profili etico/morali, non disgiunti da una valutazione della fattispecie, le tutele ipotizzabili in prima battuta sono:
    1) accertare gli eventuali obblighi alimentari del figlio nei confronti della madre;
    2) in caso di richiesta di scioglimento della comunione immobiliare, ex art. 1111 c.c., l'autorità giudiziaria può stabilire una dilazione fino a cinque anni, se la divisione pregiudica gli interessi d'uno dei partecipanti alla comunione stessa

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