Buongiorno,
mi rivolgo a questo forum poichè non sto trovando alcun atteggiamento collaborativo presso il comune della mia città.
Pongo il caso di una piccola cascina isolata, fuori dal centro urbano, recentemente ristrutturata per divenire residenza principale.
Al termine dei lavori ed in chiusura della pratica urbanistica, è stata presentata regolare domanda di attribuzione di numerazione civica in seguito agli interventi.
La cascina è separata dalla strada da un alto muro di cinta.
Tutti gli accessi sono collocati in linea contro tale muro, sulla medesima strada, e sono in relazione visiva tra di loro.
Oggi sono presenti 3 varchi di accesso alla proprietà, tutti e 3 si attestano sullo stesso cortile esterno, che è stretta pertinenza dell'unica unità immobiliare presente.
Tutti e 3 sono quindi accessi indiretti ad un'area a destinazione d'uso residenziale, fatto sancito tanto urbanisticamente quanto catastalmente.
Il piccolo cortile è infatti accatastato sulla medesima planimetria, è inscindibile dai vani coperti e possiede lo stesso codice catastale.
1 varco è di nuova costruzione, è ad oggi dotato di citofono con nominativo e cassetta della posta con nominativo, e si trova a stretto servizio dell'area a parcheggio (esterna, non c'è garage) e della cucina.
Gli altri 2 varchi sono antichi, con portoni in legno da restaurare ma apribili, regolarmente provvisti di placchetta con il numero civico, ma oggi privi di citofono/campanello e cassetta della posta.
I proprietari, nel fare il trasloco, hanno fatto la dichiarazione di variazione d'indirizzo nell'ambito dello stesso comune, dichiarando come indirizzo di residenza il civico riferito al grande e antico portone di accesso alla proprietà, scenografico ed affacciato sulla parte più bella del cortile, trattata a giardino.
Il Comune ha rifiutato la dichiarazione, imponendo quale indirizzo di residenza il cancelletto di servizio poichè unico a possedere un citofono/campanello ed una cassetta della posta.
Sia chiaro che si tratta di una questione quasi irrilevante e che potrebbe essere facilmente risolta comprando un 2° citofono e spostando la cassetta della posta.
La variazione d'ufficio sta però causando problemi burocratici concatenati molto fastidiosi e vorrei capire se il Comune ha titolo di imporre tale variazione e su quali basi.
Il Comune stesso, interrogato, fa ora ostinato - e non motivato - muro.
In nessuna delle lettere di risposta da parte dell'Anagrafe è citato alcun articolo di legge o regolamento, nemmeno interno, a supporto motivato della loro decisione.
I funzionari sollecitati si appellano ad una generica consuetudine e alle loro opinioni personali.
Nulla si dice nel Regolamento Edilizio e nel Regolazione di Polizia Urbana.
Da mie ricerche non ho trovato traccia di alcuna norma a livello nazionale o locale che imponga esplicitamente di dotarsi di citofoni o campanello.
E' obbligatorio possedere una cassetta della posta (art. 21 DM 15/10/2008) ma nulla si dice nella norma a riguardo della sua collocazione in stretta relazione fisica con il numero civico di residenza.
Si ricorda che i tre civici sono in RELAZIONE VISIVA TRA LORO, e che gli strumenti citati sono comunque presenti e ben accessibili dalla pubblica via, benchè il citofono non sia nemmeno obbligatorio per legge (o così mi risulta).
Inoltre può essere apposta una targhetta informativa che segnali la posizione del campanello e della buca delle lettere.
Mi appare pretestuosa l'obiezione che il civico scelto non consenta l'accesso a mezzi di soccorso ed ambulanze, perché tali accessi sono comunque garantiti alla casa, 10 metri più a sinistra.
E di nuovo non ho trovato alcun riferimento normativo che IMPONGA tali caratteristiche.
Può il Comune impedire di prendere la residenza al civico richiesto, a destinazione d'uso regolarmente residenziale, in base alla semplice diversa collocazione degli elementi citati (citofono e cassetta della posta)?
Sdoppiarli o spostarli è un dovere/obbligo di legge o una "cortese scelta personale"?
Ed i prolungati e non indifferenti disagi causati prima dal cambio d'indirizzo d'ufficio, e poi dall'eventuale secondo cambio in seguito agli spostamenti, che comporterebbero anche rapporti con uffici ed enti stranieri (i proprietari sono americani), sono imposti legittimamente o meno?
Un conto è penare perché si richiede qualcosa di illegittimo, un conto è penare per sottostare all'arbitrio di un ufficio.
Esiste una qualunque motivazione DI LEGGE (reperibilità, sicurezza...) che IMPONGA un nesso necessario tra citofono/campanello, cassetta della posta e numero civico di residenza?
Esistono caratteristiche fisiche minime ed indispensabili perché un accesso sia considerato legalmente quello principale, dal punto di vista dell'indirizzo di residenza?
Ringrazio infinitamente per qualunque informazione.